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From the book "MEDIALISMO" (Gabriele Perretta), text by Roberto Daolio - 1993




[...] The face and figure of Yumi are repeated throughout the pictorial surface in a sequence of similarities and differences capable of capturing elegant slivers of worldly fragments. The photographic origin of the portrait is not denied in favor of the revival or exaltation of pure manual dexterity. Instead, the workmanship tends to withdraw and flatten out, suggestions forms and decorative elements that accumulate in superimposition.
The cold mechanics of repetition, almost in equilibrium between Echo and Narcissus, takes "concrete form" in a remarkable manner and participates in the inexhaustible game of similarity in adaptation to the connections and relationships between figure and ground.
It's certainly difficult to escape from the accumulation of stereotypes deposited on the "Empire of Signs" and the contradictoriness, raised to a system, of a civilization and a coexisting culture between the vision of a traditional world and hypertechnological development. Nevertheless, the world and self-reflected universe of Yumi legitimizes stereotype and appropriates it to her advantage. Enough to be able to extend the limits toward the transitive multiplicity of contagion and the geographic and "historic" equivalences.
Roberto Daolio




di Roberto Daolio
[...] Il volto e la figura di Yumi si ripetono e si inseguono sulla superficie pittorica in una sequenza di somiglianze e di differenze in grado di catturare schegge ed eleganti frammenti mondani.
L'origine fotografica dei ritratti non viene negata a favore di un recupero e di un'esaltazione della pura abilità manuale. Piuttosto, quest'ultima, tende a sottrarsi e ad appiattirsi proponendo moduli ed elementi decorativi in un accumulo e sovrapposizione.
La fredda meccanica di una ripetizione, quasi in equilibrio tra Eco e Narciso, si "oggettiva" in modo singolare e partecipa all'inesausto gioco della somiglianza nell'adeguamento dei rapporti e delle relazioni tra figura e sfondo.
Certo, è difficile sottrarsi all'accumulo di stereotipi depositato sull'"impero dei segni" e sulla contraddittorietà, elevata a sistema, di una civiltà e di una cultura di coesistenza tra una visione del mondo di tipo tradizionale e uno sviluppo ipertecnologico.
Tuttavia il mondo e l'universo autoriflesso di Yumi legittima la stereotipia e se ne impossessa per volgerla a suo favore. Tanto da poterne estendere i confini alla molteplicità transitiva delle contaminazioni e delle equivalenze "storiche" e geografiche.
Roberto Daolio