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From the catalog of the group exhibition " Bologna Contemporanea 1975 - 2005 "
at Galleria d'Arte Moderna Bologna




"Il potere di ricordare" di Stefano Benni (scrittore )

Ricordare è una delle possibilità dell'arte. Risponde alla parola "posso" più che a "voglio" e "devo", e quindi inventa la libertà della ricostruzione nel momento stesso di ricordare. Non possiamo obbligarci a ricordare "come vorremmo", c'è sempre più o meno dolore di quanto ci aspettavamo, lo sguardo artistico inventa particolari inattesi e ne cancella altri che credevamo indelebili. Così la tragedia di Hiroshima diventa in questo lavoro di Yumi la storia della creazione di un ricordo. E quello che lo segna è la lontananza. I colori, l'atmosfera, la prospettiva alta, ci parlano di un'esplosione avvenuta forse in un altro pianeta, o osservata da un altro mondo. Il ricordo ha attraversato tutte le materie e le rifrazioni del cosmo, prendendo i colori irreali delle visioni di Marte o Saturno. Abbiamo tante, troppe, e troppo precise foto di Hiroshima. Forse a questo Yumi voleva sfuggire: a un ricordo che il rimorso del mondo ha ribadito, illuminato, scavato, mostrato, fino a renderlo immagine storica e stimmate comune di un secolo. questa trasfigurazione ci rende invece l'unicità di un ricordo. Hiroshima ha percorso la sensibilità di Yumi, in un tragitto lungo, in cui si è modificato, colorato, tradotto. Perché per prendere una tragedia complessa non sempre è adatta la traduzione termine a termine. Più faticosa, ma più vicina, è la traduzione in altri linguaggi, in luoghi interiori e non sempre ordinabili della coscienza civile e artistica. Così quello che vediamo è il risultato di un lungo cammino, da quei brevi secondi terribili, attraverso tutto ciò che Yumi ha ascoltato e sentito e sofferto di quegli attimi, avviandoli poi sul sentiero della sua "unica" ricostruzione. Le grandi tragedie non distribuiscono solo il dolore codificato della retorica politica, ma tanti dolori unici, sorprendenti, scandalosi nella loro diversità. Qualcuno ha paragonato questo esito spasmodico, questo unirsi di grazia coloristica e immagine di morte, all'accostamento tra musica e immagini del grande profeta della tragedia moderna, Stanley Kubrik. Io ci ho ritrovato il pudore e la passione feroce che stanno vicini, spesso separati da una sola riga, in uno scrittore come Kawabata. Ma forse solo Yumi può spiegarci attraverso quali racconti, e quali tentativi, e quali esitazioni sono nati questi quadri, come si è dipinta l'unicità di questa memoria. A noi guardarli e immaginare. La profondità di questa immaginazione, lo spaesamento, lo stupore, ci impedirà di consumarli in fretta, e potrà sottrarli all'accelerazione del videocentrismo mortifero che fa di ogni catastrofe un effetto speciale, e del tempo della memoria un codice da sincronizzare al giorno e alla notte del mercato, all'attimo di una moda. Da qualche pianeta lontano, immaginiamo che in un paese lontano chiamato Giappone sia avvenuta una tragedia, e che nessuna ricostruzione storica sia ancora in grado né di giustificarla, né di descriverla esattamente, ma la accolga come fosse accaduta oggi, senza possibilità di ragione e perdono. Questo non ha impedito e forse non impedirà altre Hiroshima. Ma l'arte "sta" nel luogo dove queste cose possono essere affrontate, sta come episteme, sta come destino, contro la svendita di questa memoria. Non vuole e né deve, ma "può". Come può fare oggi, nella sua libertà d'artista, Yumi Karasumaru.